Ma fra tutti gli ETF disponibili, come faccio a sceglierne uno? Ne esistono migliaia, e può sembrare difficile capire quali siano i migliori per le proprie esigenze. Proprio per questo, in questo articolo ti guiderò attraverso i principali e più importanti criteri per valutare e selezionare un ETF. Esamineremo sia i criteri oggettivi sia quelli soggettivi. Questi potranno essere utilizzati anche per scegliere ETF per PAC (Piano di Accumulo del Capitale). Con queste indicazioni, sarai in grado di identificare i prodotti più adatti alle tue necessità e ai tuoi obiettivi finanziari.
Prima di iniziare con i criteri di selezione, è fondamentale definire la propria strategia di investimento e stabilire l’esposizione del portafoglio. Con gli ETF è possibile investire in specifiche aree geografiche, come l’America tramite l’indice S&P 500, oppure a livello globale, ad esempio nei 27 paesi sviluppati presenti nell'indice MSCI World. Esistono anche indici che consentono di focalizzarsi su settori o temi specifici. Inoltre, ogni ETF segue una strategia d'investimento: alcuni, ad esempio, puntano solo su titoli a bassa capitalizzazione, altri solamente a titoli caratterizzati da una bassa volatilità.
È quindi essenziale valutare l’esposizione geografica dell’investimento, decidere se concentrarsi o no su un settore o un tema specifico, e individuare le tipologie di titoli più in linea con i propri interessi. Quando definite la vostra strategia di investimento, ricordate sempre di costruire un portafoglio ben diversificato, così da limitare i rischi e migliorare il bilanciamento complessivo.
Dopo aver definito la propria strategia, il passo successivo è individuare l’indice che meglio la rappresenta e selezionare un ETF che lo replica.
Gli indici sono creati da diverse società finanziarie, quindi è comune trovare indici simili ma con caratteristiche leggermente differenti. Ad esempio, due indici globali potrebbero differire per i criteri di inclusione dei titoli o per il peso attribuito a determinate aree geografiche.
Nei capitoli seguenti, vedremo i criteri per valutare e selezionare un buon ETF in modo efficace.
Un fattore da considerare è il volume del fondo (attività in gestione). Sono preferibili ETF con una dimensione di almeno 100 milioni di euro: più è grande, meglio è. I grandi fondi offrono infatti vantaggi significativi in termini di economicità e liquidità. Con l'aumento del volume, i costi operativi si riducono proporzionalmente rispetto agli attivi gestiti, poiché vengono distribuiti su un numero maggiore di investitori.
In alcuni casi, questi costi possono persino trasformarsi in ricavi per il fondo, permettendo di abbassare ulteriormente le spese a carico degli investitori. Inoltre, i grandi ETF beneficiano di elevati volumi di negoziazione, che consentono lo scambio di titoli con uno spread molto basso, migliorando la convenienza complessiva dell'investimento.
Gli ETF con una storia molto breve possono rappresentare un rischio, in quanto spesso presentano volumi bassi. Questo dato potrebbe essere legato alla loro recente introduzione o, peggio, a un limitato interesse da parte degli investitori. Nel secondo caso, l’ETF potrebbe essere chiuso, causando inconvenienti agli investitori.
Per questo motivo, è consigliabile optare per fondi con almeno un anno di storia, meglio ancora se di 3 o 5 anni. Qui non vale la regola del "più vecchio è, meglio è ", ma è fondamentale che il fondo abbia un’età sufficiente per fornire dati affidabili e una maggiore stabilità.
Un altro fattore cruciale da considerare sono i costi dell’ETF, che includono il TER (Total Expense Ratio) e lo spread. Il TER rappresenta le spese annuali del fondo, come quelle operative, di marketing e amministrative, che gli investitori devono sostenere per possedere l’ETF. Generalmente, gli ETF hanno TER molto bassi, con valori che variano dallo 0,03% all’1%. Più è basso, maggiori saranno i guadagni.
Questo costo non va sottovalutato, poiché nel lungo periodo può incidere significativamente sui rendimenti complessivi. Nel grafico sottostante voglio mostrarvi l’impatto del TER sui guadagni: ipotizziamo tre investimenti da 250 euro al mese per 40 anni con un rendimento annuo del 7%, confrontando TER dello 0,2%, 0,4% e 0,6%.
L’investimento con lo 0,2% di TER costerà 36.034,90 euro, mentre quello con 0,6% costerà 101.688,54 euro.
Lo spread, invece, rappresenta la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita di un ETF. Questo costo è generalmente basso, soprattutto nei fondi grandi e popolari, dove volumi elevati garantiscono uno spread ridotto, quasi irrilevante.
Tuttavia, è sempre consigliabile verificarlo, anche se raramente sarà un fattore decisivo per escludere un fondo. Va inoltre considerato che lo spread può variare in base al broker utilizzato e alla borsa in cui si negozia l’ETF.
La tracking difference rappresenta la differenza tra il rendimento del fondo e quello dell’indice che intende replicare. Poiché gli ETF devono sostenere costi operativi e fiscali, il loro rendimento può differire leggermente da quello dell’indice di riferimento. In genere, i fondi di grandi dimensioni riescono a contenere meglio questa discrepanza grazie alla loro efficienza operativa.
Esistono strumenti online utili per verificare la performance di un ETF rispetto al benchmark, ma è importante ricordare che i dati disponibili si riferiscono al passato. Fondi più giovani o in crescita potrebbero migliorare la loro tracking difference nel tempo. Pertanto, è consigliabile assicurarsi che questa differenza non sia eccessiva, evitando però di dare troppo peso a lievi scostamenti.
Gli ETF possono essere a distribuzione o accumulazione. Nel primo caso, il fondo paga i dividendi all'investitore con cadenza periodica. Nel secondo caso, invece, non distribuiscono i dividendi ma li reinvestono automaticamente all'interno del fondo, contribuendo, grazie all'interesse composto, ad una crescita maggiore dell'investimento.
Qui la scelta dipende da voi e dalle vostre esigenze. Se avete la necessità di ricevere regolarmente delle entrate, gli ETF a distribuzione possono essere la soluzione ideale. Mentre, in tutti gli altri casi, il reinvestimento automatico dei dividendi sarà la scelta più indicata.
Se pensate di scegliete un ETF a distribuzione senza avere necessità di entrate regolari, pianificando di reinvestire quanto non utilizzato, considerate che gli utili saranno soggetti a tassazione. Questo può ridurre nel tempo l’efficacia dell’interesse composto. Al contrario, la politica di accumulazione consente di reinvestire automaticamente i dividendi senza immediata tassazione, favorendo così una crescita maggiore dell’investimento nel lungo periodo.
Un altro aspetto da considerare per scegliere un ETF è il metodo di replica dell’indice, che può essere fisica o sintetica. La replica fisica, a sua volta, può essere totale o a campionamento.
Nella replica fisica totale, il fondo acquista tutti i titoli presenti nell’indice di riferimento. In quella a campionamento, invece, acquista solo una selezione rappresentativa di titoli che gli permette di avvicinarsi il più possibile alla performance dell’indice. Questa modalità viene utilizzata principalmente quando il fondo è piccolo e non può sostenere i costi legati all’acquisto di tutti i titoli dell’indice.
Tuttavia, le differenze nei titoli posseduti possono causare discrepanze nei rendimenti rispetto all’indice, con periodi in cui il fondo performa meglio o peggio. Un ETF a campionamento, una volta cresciuto, potrebbe diventare a replica fisica totale.
La replica sintetica, invece, prevede che il fondo non possieda direttamente i titoli dell’indice, ma stipuli contratti (swap) con controparti, spesso banche, che garantiscono il rendimento dell’indice. Questo metodo consente di ridurre i costi ed è utile per replicare mercati difficili da accedere o indici con molti titoli.
Tuttavia, questa replica comporta un rischio di controparte, ossia il rischio che le controparti non riescano a fornire il rendimento previsto. Il fondo può avere più controparti per ridurre questo rischio, ma è comunque un elemento da valutare nella scelta dell’ETF.
Anche i fondi a replica fisica possono presentare un rischio di controparte se effettuano operazioni di prestito titoli. In questi casi, i titoli vengono temporaneamente ceduti a terzi, generando ricavi che riducono i costi operativi dell’ETF, ma esponendo il fondo al rischio che la controparte non riesca a restituirli.
Il domicilio del fondo è un criterio fondamentale da valutare con attenzione. Questo perché incide sia sulle tasse che l'investitore dovrà pagare nel paese in cui è domiciliato il fondo, sia sulle imposte che lo stesso fondo è tenuto a versare nei paesi in cui investe.
In Europa, molti ETF sono domiciliati in Irlanda o Lussemburgo, poiché questi paesi offrono vantaggi fiscali e legali significativi rispetto ad altri. Per esempio, se l'indice che ti interessa contiene principalmente titoli statunitensi, potrebbe essere conveniente scegliere un ETF domiciliato in Irlanda, dato che questo paese applica una tassazione più favorevole rispetto ad altre nazioni europee.
Le imposte dovute al paese di domicilio del fondo possono essere mitigate dalle convenzioni contro la doppia imposizione fiscale. Questi accordi, stipulati tra diversi paesi, consentono di recuperare parte delle tasse pagate all'estero. Tuttavia, tali convenzioni variano a seconda dello stato di residenza, per cui è consigliabile informarsi o consultare un fiscale per verificare quali vantaggi siano applicabili alla tua situazione.
Inoltre, è importante sapere che non tutti gli ETF sono accessibili agli investitori dell'Unione Europea. Solamente quelli armonizzati, conformi alle normative UCITS, possono essere negoziati dagli investitori europei, garantendo standard elevati di protezione e trasparenza.
La valuta con cui effettuare le operazioni di compravendita con l'ETF dovrebbe essere scelta principalmente per comodità, cercando di minimizzare le commissioni di cambio. Avere un ETF denominato in dollari, euro, sterline o altre valute è in sé indifferente, a meno che non si considerino i costi aggiuntivi legati alla conversione valutaria.
Per chiarire, ipotizziamo un cambio euro/dollaro pari a 1:1. Se investiamo rispettivamente 100 dollari e 100 euro, e il cambio euro/dollaro scende a 1:0,5, l'investimento in dollari varrebbe ora 50 euro. Tuttavia, convertendo i dollari in euro si otterrebbe comunque un controvalore pari a 100 euro. L'unica differenza con l'investimento diretto in euro sarebbe l'impatto delle commissioni di cambio.
Per questo motivo, è generalmente preferibile scegliere un ETF denominato nella propria valuta locale o in una valuta che si utilizza abitualmente. Molti ETF sono quotati su più mercati e in più valute, permettendo di selezionare l'opzione più conveniente. Se il fondo desiderato non è disponibile nella tua valuta, è importante pianificare una buona strategia di cambio, in modo da ridurre al minimo i costi associati.
L’emittente del fondo, ovvero l’ente che lo crea e lo gestisce, è un criterio che può essere ignorato nella scelta di un ETF. Esistono diversi emittenti che offrono fondi in grado di replicare lo stesso indice. Per questo motivo, qualora si decida di detenere più ETF, una strategia prudente può essere quella di diversificare tra vari emittenti.
Ora riassumiamo i concetti chiave visti nell'articolo per aiutarti a scegliere l'ETF più adatto alle tue esigenze. Ecco i principali criteri di selezione: